Torno adesso dal tuo funerale. E’ ingiusto perchè sono più vecchio di te. Di poco, quanto basta per avere la precedenza su di te.
E guardo Dino e Francesca e non so trovare un abbraccio abbastanza grande, non so capire, di parole non ne ho una.
Francesca mi dice: “è cattiva la vita…” Lo è. Perché è ingiusto sopravvivere ai propri figli.
Ci siamo conosciuti appena nati, o quasi. Tu sei nei primi ricordi che ho. Figli di mamme che si incontrano e che giocano e litigano al parco o in casa.
Le mamme hanno continuato a frequentarsi, noi no. Capitava, niente di più.
Poi un giorno mi hai chiesto di insegnarti a suonare la batteria.
La suonavo da qualche tempo, male.
Te lo dissi, non che suonavo, ma che suonavo male.
Tu mi hai detto che andava bene così.
Ci siamo visti per un paio di mesi in cantina e ti ho insegnato quel che sapevo. Poi è stata l’ora di cercarsi un maestro vero.
L’ultima volta sei arrivato con 100mila lire in mano. Avrebbero dovuto pagare le lezioni. Ti dissi che non avevano prezzo e non le presi. Poi non so come mi tornarono in tasca quelle 100mila. Forse le hai date a tua madre che le desse alla mia, non ricordo. Ricordo che fosti tenace
e molto generoso.
Un giorno venni a suonare al Tasso e mi prestasti la tua batteria.
Generoso, sorridente.
Abbiamo iniziato ad incontrarci per caso, per strada. Un mezzo abbraccio ce lo davamo sempre anche se non sapevamo nulla uno dell’altro.
Mi è capitato di scrivere sul tuo giornale. Tu scrivevi di cose importanti, io di motociclette o di automobili…poca cosa. Non più di 4 o 5 pezzi in tutto. Ma ogni tanto passavo a Liberazione ed è
capitato ci prendessimo un caffè.
Tanto era il nostro rapporto, figli di mamme amiche che hanno giocato assieme da piccoli.
Quello che sapevo è che mi piaceva vederti uomo, grande, capace. Mi piaceva per te e mi piaceva perchè pensavo a Dino e Francesca.
L’estate Dino e Francesca andavano a trovare i miei genitori al mare.
Li vedevo sereni, orgogliosi, genitori che hanno compiuto un percorso.
Ivan era cosa fatta. Genitori che hanno fatto molto e che ora si godono la pace di un bimbo, diventato uomo, che gira il mondo e che vive nel mondo.
Belli che sono Dino e Francesca, quanto amore provo per loro, da sempre. Oggi da sentirmi male.
Dino cura le piante in giardino e Francesca racconta delle barzellette venete di altri tempi come nessuno. E Ivan? Sta bene, ha una casa.
Dino tiene sulle ginocchia mia figlia e Francesca le porge un regalo per i suoi 4 anni. E Ivan? Sta bene, è a Bruxelles
Passano i mesi e le estati e Ivan sta bene e Dino e Francesca vanno in campagna.
E’ un quadro, un’immagine immobile. Dino e Francesca vivono lontani da me ma so che ci sono e so che mi piacciono, mi fanno stare bene. E Ivan anche sta bene, è da qualche parte nel mondo e sta bene. E Dino e Francesca stanno bene.
Poi sono in spiaggia e una telefonata mi dice che Ivan non sta bene.
Dino? Francesca? i fiori? la campagna? l’Opel Astra blu?
Quell’immagine immobile di una vita che procede? di un lavoro fatto sul quale non si deve più tornare?
E’ cattiva la vita!!!
Dino, Francesca vi voglio così bene e lo so che quello che sto per dire non aggiusta, non aggiunge niente ma ve lo dico perché il pensiero fa stare bene me: i miei figli, sono i vostri nipoti e, come promesso, verremo in campagna… belli come siete dentro la R4 rossa col megafono sopra il tetto.
Amore infinito per voi, per sempre.
Guido
Leave a reply