Ciao Ivan
“bella” amico, mi manchi.
Sono solo stasera, come altre volte in questi ultimi sei mesi, perchè come ti raccontavo mi ero messo a studiare.
Mi ero “legato” ad una sedia per impormi uno sforzo che mi permettesse di lasciare il vecchio lavoro per iniziarne un altro.
Anche tu altre volte avevi manifestato lo stesso desiderio non perchè insoddisfatto come me ma per la voglia di cambiare, di provare che avevi e che ti contraddistingueva.
Ero solo a studiare – un giorno di quattro mesi fa…- in quella casa paterna che ci ha visto giocare così tante volte assieme con Vale e i nostri amici.
Ogni giorno, da quello, ti ho portato con me amico, più di quanto immaginassi fosse possibile.
Ti ho portato con me correndo alla Caffarella, guardando lo spettacolare splendore della natura, degli alberi, del cielo e delle nuvole.
Ti ho portato con me girando in motorino per la città, studiando, nuotando, parlando, vivendo…
Ti ho portato con me ogni giorno in un modo diverso.
In questi quattro mesi, soltanto quattro!!!, ogni giorno sei stato con me e naturalmente con tutti quelli che ti hanno conosciuto e voluto un mondo di bene.
Caro omone
piango, sai per me è un’impresa, mentre ti scrivo piango tanto a tratti da non vedere lo schermo di fronte ai mie occhi…
Io non riesco a condividerlo questo dolore, lo porto con me, ognuno è fatto a modo suo.
Io sono fatto così, con il dolore so che mi porto anche quel pezzo di te come ti ho promesso.
Caro Ivon, Ivanascaja, Ivn
ti chiedo scusa per quel giorno di inizio anno quando assieme a Vale, Fabrizio, Edo siamo scesi da casa tua per prendere una cosa da mangiare durante l’intervallo di una partita di calcio. Abbiamo vagato un pò per le strade di San Lorenzo poi presi dalla “fame” ci siamo imbucati da un kebabaro di fronte la Formula 1.
Dopo aver mangiato mentre tornavamo mi sono reso conto che ti eri incazzato, e non poco.
Non avevamo avuto la sensibilità di andare in un posto in cui anche tu, ormai vegetariano, potessi mangiare.
Ma la tua rabbia si tramutava poco dopo, come sempre, in una grossa risata che coinvolgeva tutti noi.
Caro Ivan
penso a tutto questo e ho tanto dolore per chi ti ha cresciuto tutta la vita, per il loro strazio continuo, la loro sofferenza.
Dino, Francesca voglio che sappiate almeno questo e mentre lo scrivo mi chiedo se sia giusto infliggervi altra sofferenza, in questo caso la mia, alla vostra.
Così come mi chiedo se sia “giusto” l’organizzare tante iniziative, tante occasioni che possono aggiungere acuti di dolore alla continua sofferenza che vi portate dentro.
Per questo vi chiedo, comunque, scusa.
Può essere vero che condividere e rendersi conto appieno dell’immenso amore che tutti noi abbiamo provato e proviamo per Ivan può esservi, soltanto in minima parte, di conforto.
Francesco
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