Ciao Ivan,
è da qualche giorno che ho voglia di scriverti, di mettere su carta
questi pensieri. Chissà, forse perché sono convinto che in questo
modo, con queste
parole ti si possa parlare ancora, schiettamente come sempre.
D’altronde è a te – e solo a te, a pensarci ora – che ho raccontato
le mie novità, le mie
ultime vicissitudini, e l’ho fatto come se di fronte a me avessi un
fratello maggiore a cui confidare tutto: ne abbiamo parlato meno di
un mese fa sul
terrazzo, ricordi? E come sempre tu, serio, dolce, severo, sensibile
come sapevi essere tu, ma sempre certo di cosa stavi per dire, con un
sorriso più
grande del solito hai benedetto i miei pensieri, con un sorriso che
equivaleva a una pacca sulla spalla. Non me ne hai date di pacche, ma
quella volta te l’assicuro, l’ho sentita lo stesso.
È da qualche giorno che ho voglia di scriverti.
Convinto come forse può esserlo un bambino quando confonde sogno e
realtà. Già, la realtà. Quella stessa realtà che ci avverte che non
ci sei. Certo, non ci sei fisicamente, soltanto fisicamente, perché
tu sei qui, al di là della retorica e delle banali parole.
Tu sei qui, come un bambino che ha sempre voglia di giocare, di
buttarsi nella mischia, di mettersi in discussione, di sorridere e
scherzare, proprio come un gigante buono, proprio come nelle favole
migliori, anche se il lieto fine stavolta non c’è stato davvero.
Caro Ivan, proprio come un bambino anche io adesso, vorrei che queste
parole che mi scivolano tra le mani fossero intrise di magia, per
poterti trattenere ancora qui, per vederti anche solo bisbigliare con
Laura d’un amore che merivata ben altro.
Vorrei trattenerti qui, ancorato a questa vita che per quanto dura,
sciocca, brutta, assurda da fare schifo, è sempre la vita.
Anche oggi mentre eravamo tutti assieme da te, ho pensato a quanto
sarebbe stato bello se nel mezzo di quel silenzio che metteva brividi
addosso, la tua voce fosse riecheggiata con quel tuo modo spontaneo e
vero di salutare, di introdurti in una stanza o di iniziare una
chiacchierata fuori dai soliti schemi, partendo da un nonnulla.
Ecco, ho sperato che in quel bosco di silenzio che ci avvolgeva fuori
al tempietto (dannato tempietto!), giungesse il tuo «A regà!!»,
gridato con da dietro un albero, per annunciarci con un sorriso
pieno, che era tutto uno scherzo.
Come un bambino mi sono aggrappato a questo desiderio, come fanno i
bambini ostinato che piangono fino all’estremo pur di ottenere dai
genitori il giocattolo tanto
agognato. Ecco, proprio alla stessa maniera, ma stavolta – ahimè – le
lacrime non son servite.
Per un attimo ho immaginato che dapprima un cane, poi un gatto, poi
poco a poco altri animali si avvicinavano al tempietto, per
salutarti, in silenzio, in quello stesso silenzio dove le lacrime non
hanno trovato voce. E forse c’erano davvero, tutti in fila, tutti gli
animali del mondo, anche se nessuno di noi è riuscito a vederli.
Se ci penso adesso… Se ci penso adesso, se ti penso mi dico che tu
Ivan, tu sei stato vincitore e vinto.
Sei stato vincitore in tutto ciò che hai voluto fare, in tutte le
cose che ti hanno visto coinvolto, in tutte le circostanze che hai
affrontato senza mai tirarti indietro, sempre con lo sguardo gettato
sempre più in là delle cose, quelle cose che agli occhi degli altri
potevano confondersi nella nebbia travestita.
E sei stato vinto.
Sì, sei stato vinto. Vinto come lo è chi nelle cose che fa ci mette
il cuore e lascia che il cuore sia sempre vicino ai più deboli, a
quelli indifesi, quelli che se potessero parlare… Ecco, tu sei
stato vinto in partenza, proprio perché hai lasciato che prendessero
la tua voce tutti coloro che altrimenti noi non avremmo potuto
ascoltare, e non a caso qui, in redazione, sei stato proprio tu a
volerla così tanto, questa pagina dedicata agli animali.
Ecco, ecco perché sei stato vinto, oltre che vincitore: perché a
sconfiggerti è stato quell’amore che dovrebbe prevalere in ciascuno
di noi, quella sensibilità, quell’altruismo che ti ha fatto re e che
è così lontano da queste pareti di mondo.
Sei motivo per gridare vendetta al cielo, con tutte le parole possibili!
E nonostante siano state poche le occasioni per conoscerci meglio, al
di là delle battute strappate al volo per le scale e dei sorrisi
scambiati dopo una pagina chiusa con fatica la sera tardi, adesso i
pochi ricordi riaffiorano nella mente e come coltelli mi trafiggono
gli occhi facendomi lacrimare a sangue per il dolore che provo.
Ciao Ivan
Ramon
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