Non conoscevo bene Ivan.
Non eravamo amici, né colleghi o compagni. Eravamo cugini. Ho letto tanto su di lui in questi giorni, sui suoi progetti e sulle sue straordinarie esperienze di vita. Ho ascoltato testimonianze
commoventi di chi gli era vicino quotidianamente e mi sono ritrovata a pensare che è triste e crudele capire troppo tardi chi era Ivan. Un rimpianto irragionevole – ma in questi momenti inevitabile – che rimbalza di bocca in bocca fra noi tutti cugini e zii.
Eravamo cugini, Ivan ed io. E Sara, Christian, Veronica. E poi Lizzi, Anna e Giovanni. Cugini speciali, perché la nostra è una famiglia speciale. E Ivan lo sapeva. Lo sapevamo tutti. Ci siamo sempre voluti così bene e ci divertivamo ancora tanto, tutti insieme, nei nostri rituali ritrovi. Siamo cresciuti così, noi cugini. Fino al nostro ultimo incontro, due mesi fa, C’eravamo proprio tutti, ancora tutti.
Ci sentivamo anche tanto fortunati. Ce lo siamo ripetuto, durante quei due giorni sereni e spensierati.
Caro cugino, da due settimane cerco di parlarti e non ci riesco. Non ci riesco ancora. Non so cosa dire, non saprei nemmeno come dirla.
Posso solo dirti che no, non ci sentiamo più una famiglia fortunata, ma di certo ci sentiamo ancora una famiglia speciale. E continueremo a ritrovarci ancora, con lo stesso immutato affetto che da 37 anni ci vede discendere a Natale nella casa del nonno a Noventa, o per Pasqua lungo i colli Sabini verso Mompeo. Non sarà facile senza di te, Ivan, non sarà per niente facile…
Ma sta’ tranquillo, cugino, non molliamo la presa… anzi, ci stringeremo ancora più forte. Te lo prometto.
Silvia
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